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La grotta di Fumane o Riparo Solinas

Località:

Lessinia

Periodo:

Preistoria

Clima:

Collina

Nel passato il luogo fu chiamato con molti nomi, come Coal del Merler, Molin del Cao, Stazione della Neve, I Osi, Riparo Fumane, e oggi, dopo essere stata scartata la proposta con la denominazione Riparo Solinas dal nome dello scopritore, si chiama Grotta di Fumane.

 Nel 1964 durante l’allargamento della strada che percorre il fondo della Val dei Progni che collega Fumane con Molina, Gorgusello, Breonio, avvenne la scoperta in quanto i lavori di scavo stradale tagliarono il fronte della frana che occludeva l’ingresso della grotta situata ad una quota di circa 350 m s.l.m lungo il fianco sinistro del vajo del Manune che si immette sul destra del Progno di Fumane.

In tale occasione Giovanni Solinas segnalò al Museo Civico di Storia Naturale di Verona l’interessante sito, e, su incarico di quest’ultimo dopo un saggio di scavi e una ripulitura ben diretta Franco Mezzana, portò alla luce una stratigrafia composte da ben 20 livelli per uno spessore in altezza di 7 m contenenti diversi focolai sovrapposti.

In tale occasione Giovanni Solinas segnalò al Museo Civico di Storia Naturale di Verona l’interessante sito, e, su in incarico di quest’ultimo dopo un saggio di scavi e una ripulitura ben diretta Franco Mezzana, portò alla luce una stratigrafia composte da ben 20 livelli per uno spessore in altezza di 7 m contenenti diversi focolai sovrapposti.

In seguito, tra il 1964 e il 1982 la stazione fu notevolmente saccheggiata e danneggiata ad opera di scavatori abusivi che demolirono gli strati più interessanti antropizzati nonostante le opere di protezione predisposte dalla Sovrintendenza Archeologica del Veneto.

A partire dal 1982-83 per volere della Sovrintendenza e del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, M. Cremaschi e A. Sartorelli ordinarono e campionarono una sezione basale di sedimenti.

Iniziò così uno studio sedimentologico e paletnologico che proseguì fino al 1986.

L’anno dopo nel 1987 grazie all’intervento della Sovrintendenza Speciale al Museo Preistorico ed Etnografico L. Pigorini vennero stanziati fondi sufficienti per l’erezione di una ulteriore protezione della stazione, permettendo l’apertura di un cantiere di scavo che ha portato le condizioni per l’inizio delle ricerche sistematiche supportate da un progetto pluriennale tuttora in corso e avvalendosi anche delle collaborazioni di professori ed esperti di università di Ferrara e di Milano.

I lavori degli anni 1988, 1989 e 1990 hanno portato alla luce l’imboccatura di un’ampia grotta a sviluppo orizzontale e quasi completamente invasa da depositi antropizzati.

Una strettoia è stata allargata artificialmente in un punto al fine di permettere una prima esplorazione nella parte più interna della cavità che presenta una paleosuperficie ricca di ossa e manufatti in selce.

Fino a questo punto gli scavi si sono estesi ad un’area di circa 40 m² in corrispondenza della zona a cavallo tra l’entrata e l’immediato esterno dove sono stati scavati depositi detritici scarsamente antropizzati mentre ben più ricchi erano gli strati sottostanti.

I ritrovamenti e gli studi condotti fino ad ora sono sufficienti per concretizzare l’importanza notevole della scoperta collocando il deposito nell’ambito della cultura del Paleolitico Medio e Superiore dimostrando, attraverso la fitta successione dei livelli, una frequentazione umana a riprese alterne tra gli 80.000 e i 20.000 anni dal presente.

Grazie al lungo periodo di frequentazione umana che il sito preistorico ha portato fino a noi sarà possibile verificare con maggiore precisione le mutazioni climatiche intercorse (alternanza di fasi a clima freddo e umido con altre al clima freddo e arido) in rapporto anche alle mutazioni vegetazionali, alle diverse specie di animali e al progresso dell’attività umana.

I reperti di selce rinvenuti negli strati più bassi rientrano nella tipologia musteriana del Paleolitico Medio, attribuibile a comunità di cacciatori neandertaliani che in modo discontinuo hanno abitato Riparo.

Mentre i reperti degli strati superiori sono del tipo aurignaziano appartenente al Paleolitico Superiore.

 La grande importanza ed il notevole interesse del deposito sta proprio nella successione delle culture del Paleolitico Medio e del Paleolitico Superiore, con la successiva scomparsa dei neandertaliani, oggetto del proseguimento e approfondimento di futuri studi nel Riparo della Grotta di Fumane.

“In una degli strati musteriani (strato A 11) è stata raccolto un dente attribuito all’homo Sapiens neanderthalensis”  

(G. Giacobini 1990)

Successivamente nel corso della campagna di scavo della grotta vennero raccolte alcune pietre discretamente grandi staccatesi dalla volta del soffitto, presentano tracce di pittura rossa seminascoste da concrezioni naturali, rimosse in seguito dalla Società Restauratori Velluti di Feltre, mettendo in luce delle pitture ben definite ottenute con ocra rosso e in particolare due di queste suscitano particolare interesse.

Sulla prima si nota la figura di un animale a quattro zampe, testa piccola, collo allungato, corpo snello avente una lunghezza di poco inferiore ai 30 cm e si presenta a varia interpretazione: un mustelide come l’ermellino, donnola, puzzola i cui resti sono stati rinvenuti dei reperti faunistici dell’Aurignaziano di Fumane; oppure un felino come il leone o leopardo.

Sulla seconda pietra dipinta si nota la sagoma di una figura umana, vista frontalmente, di un’altezza complessiva di 18 cm, forse “sciamano”, porta in testa un copricapo o maschera con due corna, le braccia sono tese all’esterno ed alla mano destra pende qualcosa, forse un piccolo animale; il corpo nella parte bassa si allarga in corrispondenza del bacino da cui si diversificano le gambe a forme arcuate.

Il tutto è databile intorno ai 35.000 anni fa, il ritrovamento, unico in Italia riveste eccezionale importanza perché la Grotta di Fumane una volta confermata la datazione, diventerebbe il contenitore delle pitture più antiche d’Europa.

Attualmente il sito preistorico della Grotta di Fumane e stato musealizzato con un’adeguata opera di copertura e protezione dell’intero complesso e con una copertura con lastre traslucide in policarbonato permettono una completa illuminazione diurna.

Con un apposito è passerella in acciaio si è creato un accesso sul lato nord laterale appena più alto dell’apertura della grotta stessa, mentre tutto il fronte strada è stato chiuso con una robusta cancellata fino al tetto ed è stata ricavata l’entrata principale munita di ampio cancello sempre in acciaio a livello stradale

Alcune passerelle e ripiani interni permettono ai visitatori di spostarsi a varie quote e in tutti i punti del complesso museale senza recare disturbo all’opera di escavazione e studio dei ricercatori.

Caratteristiche principali

Altri aspetti caratterizzanti

Fonti:

“Lessinia” C.T.G. Verona – AA.VV.